Scrivendo il racconto richiestomi per un libro dedicato al fotografo bassanese in bianco e nero Bassiano Zonta, libro che sarà pubblicato da Manuzio società editrice nei prossimi mesi, temevo di aver ecceduto con un passaggio più nero che bianco in cui pavento il riapparire di sintomi fascisti a Bassano; ma la notizia di quanto svoltosi ieri sera nel Consiglio comunale cittadino mi fa concludere che, se eccesso di giudizio vi è stato da parte mia, è senza dubbio in cautela. Il Consiglio ha infatti discusso e approvato a maggioranza assoluta una mozione presentata da Gianluca Pietrosante contro il disegno di legge in discussione al Senato che ha per oggetto “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

Se l’assunto del consigliere può essere accettato, e cioè che parità tra i cittadini, abolizione delle discriminazioni di genere e necessità di punire i reati in quest’ambito dispongono già di principi regolatori nella Costituzione, e, aggiungo io, femminicidio, stalking, bullismo si contrastano meno con inasprimenti di pena che con un’evoluzione culturale che li prevenga, ebbene mozioni come questa, e relativo dibattito consiliare, sono esattamente l’humus culturale retrogrado da cui la disparità, le violenze domestiche, l’omofobia e la misoginia che ne scaturisce ricevono il maggior nutrimento.

Espressioni tipo “la famiglia naturale, composta da un uomo, una donna ed eventuale prole è la sola formazione sociale che può garantire la continuità serena della nostra nazione e della nostra società”, pronunciata da una consigliera, denotano una mentalità degna del patriarcato rurale, dando tra l’altro per scontato l’aggettivo naturale, che più arbitrario non si può, e incasellando le donne nel ruolo ritrito di mogli e fattrici, oltre a ipotizzare la riproduzione come un ansiolitico contro il timore di discontinuità nazionale, per non dire “razza italiana”.

“La famiglia tradizionale centrata sul binomio uomo-donna o il sacramento matrimoniale”, frase riportata nella mozione, è un bigino di ignoranza storica – l’eterosessualità come norma, nella storia dell’umanità, è tradizionale quanto la miniatura di Venezia a Las Vegas –, melensaggine petrarchesca – le due metà che si completano: manca solo che gli uomini vengano da Marte e le donne da Venere – e oscurantismo clericale. Come fa un politico in Italia ancora nel 2021 a parlare di sacramenti relativamente alla vita pubblica dei cittadini di uno Stato laico? E dove trova il coraggio di lagnarsi il portavoce di una cultura onnipervasiva tutta famiglia naturale, coppia monogamica, matrimonio all’altare, ansia riproduttiva, che nel nostro Paese ha generato non altro che familismo e nepotismo da un lato, basati su legami di sangue, e persecuzioni e omicidi dei più deboli, donne e omosessuali in primis, dall’altro? Come fa a tratteggiarsi da vittima, tanto da respingere una legge tesa all’equità, quella maggioranza che pretende di continuare a infierire sulle minoranze di qualsiasi tipo? Ridicolo come se il wwf lanciasse campagne di salvaguardia delle zanzare tigre a scapito del panda.

Pedofilia e violenze sessuali, val la pena ricordarlo, sono consumate per l’ottanta per cento da parenti stretti entro le famiglie che più naturali non si può, mentre stalking e femminicidio sono appannaggio delle coppie, quasi esclusivamente eterosessuali. Non saranno certo “famiglia tradizionale” e “binomio uomo-donna” a salvare dalle conseguenze nefaste che essi stessi, degenerando, producono. Quanto al “reputiamo che debba essere nella totale libertà di ognuno avere opinioni sulla contrarietà alle relazioni omosessuali” (come dichiarato in Consiglio), la libertà è poter fare o non fare qualcosa, non impedirlo agli altri: negare dall’alto dei propri diritti acquisiti i paritari diritti altrui con la scusa che sarebbero “contro natura”, suona semplicemente fascista, alla faccia della “totale libertà”!

Alessandro Zaltron