Chi s’innamora di un sopracciglio, chi di un paio di baffi. Noi ci siamo innamorati del punto e virgola, che separa senza spezzare e unisce senza confondere. Un po’ come innamorarsi di Aldo Manuzio, che del punto e virgola è stato l’inventore, e che ha ordinato la punteggiatura usata in quasi tutto il mondo da cinquecento anni a questa parte. Quello stesso Manuzio che dalla sua bottega artigiana di Venezia ha diffuso i libri tascabili convinto che la conoscenza debba finire nelle mani di quante più persone è possibile. Primo editore moderno della storia, Manuzio resta il più grande proprio per aver compreso che si potevano produrre libri belli e interessanti, rivolti a qualunque lettore.

Dovendo dare un nome alla nostra nuova iniziativa, è stato naturale per noi scegliere quello di Manuzio. Altrettanto naturale è stato, cercando un logo identificativo, pensare a due punti e virgola che insieme formano una M e richiamano l’ancora sotto cui il divo Aldo impresse il suo motto: festina lente, affrettati lentamente. Così, tutto torna – per modo di dire.

Abbiamo messo insieme una strana casa editrice, molto meno casa e più società, con riferimento alla civis – poiché vorremmo che Manuzio fosse una piazza accogliente anziché un familistico orticello conchiuso; e che le nostre opere contribuiscano a suggerire punti di vista inediti, tali da formare o irrobustire lo spirito critico dei lettori. Lo vogliamo così tanto che, per gestire Manuzio, abbiamo scelto la forma dell’associazione culturale, organismo che non persegue il profitto neanche come scopo subordinato al “fare libri scritti”, vale a dire pensati prima di essere formulati in parole.

A noi sembra che, almeno sul piano della cultura editoriale, la logica della globalizzazione stia segnando il passo. Forse è arrivato il momento di smettere di sperare in fantomatiche alternative e di provare ad attuarne una. Noi di Manuzio cominciamo col riconoscere tutto il valore, incluso quello economico, a colui senza il quale il libro non esisterebbe: l’autore. Ci atteniamo al principio che un libro è il suo testo. Perciò in copertina mettiamo parole invece di immagini, mentre il nome della società editrice figura sul retro, in perfetto spirito di servizio. Riconoscendo ogni profitto all’autore, ci prendiamo la responsabilità di pubblicarlo e di conseguenza ci impegniamo a curare in ogni dettaglio la promozione del libro, convinti che una casa editrice che non assolva questo compito sia poco meno di una tipografia. Non ci interessa sembrare degli editori, vogliamo esserlo.

Pubblicheremo libri di autori affermati e storie belle da quanto sono comuni – perché è la scrittura che fa la storia, non viceversa – uscite dal nostro Laboratorio di scrittura coordinato da Francesca Marchetto, affinché chi desidera raccontare e raccontarsi apprenda il mestiere e sperimenti le proprie capacità in una bottega artigiana. Ma pubblicheremo anche un nuovo genere letterario, storie di lavoro che il loro autore, Alessandro Zaltron, ha denominato Romanzi d’impresa™. E ci dedicheremo a dare luce in prima edizione a libri che un po’ pomposamente definiamo fondamentali per l’umanità, e a rieditare titoli dimenticati e usciti di catalogo. Questi libri, scelti da Marco Cavalli, saranno finanziati con gli utili che contiamo di ottenere per differenza tra incassi e costi. Visto che non li spartiamo tra di noi, contribuiranno a tenere viva la Manuzio, oltre a permetterci di donare i nostri libri a biblioteche civiche e scolastiche e a organizzare progetti e incontri.

Non sappiamo se Aldo Manuzio sarebbe orgoglioso di noi. Di sicuro, siamo felici di aver imparato da un simile esempio. E di poterlo praticare in suo nome, per un lettore o per un milione.

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